«Crediamo pure, per un momento, che gli oppressi saranno vendicati e gli oppressori saranno abbassati; l’esito finale sarà tutta la giustizia e tutto il maggior bene possibile su questa terra. Ma non c’è bene che paghi la lagrima pianta invano, il lamento del ferito che è rimasto solo, il dolore del tormentato di cui nessuno ha avuta notizia, il sangue e lo strazio umano che non ha servito a niente. Il bene degli altri, di quelli che restano, non compensa il male, abbandonato senza rimedio nell’eternità» (R. Serra).
Testimonianza dei dubbi, delle speranze, dei timori che si agitano nell’animo di Serra, Esame di coscienza di un letterato è anche racconto del profondo travaglio di tutta un’epoca: in queste pagine pulsa la storia della prima generazione moderna che affronta il dramma – forse non ancora concluso – dell’Europa, nel momento decisivo in cui essa s’incammina verso ciò che gli storici, oggi, chiamano la Guerra dei Trent’anni del secolo scorso. Renato Serra procede implacabile a demistificare qualsiasi interpretazione razionale della storia o mitologia giustificatrice della guerra, mettendone in rilievo il non senso e l’assurdità, il movimento cieco e senza scopo, il carico di dolore inspiegabile e irriducibile che accomuna vincitori e vinti. Tornare a leggere questo limpido, appassionato testo significa tornare a uno snodo cruciale di quel viluppo di cause ed effetti che ci hanno condotto fin qui, ai bordi della notte.